Insegnare con bellezza


Ieri sono stata a Milano per il seminario “Insegnare con bellezza”, organizzato dall’instancabile e generoso Alberto Pian per gli ADE ed altri amici interessati.

Mi sono portata a casa non solo la ricchezza che sempre deriva dalla condivisione di esperienze, la conoscenza di nuovi strumenti e di nuove applicazioni da poter utilizzare in classe con i bambini, ma anche e soprattutto alcune idee e alcune conferme a pensieri che già mi passavano per la testa da un po’.

Che la scuola abbia bisogno di cambiare l’abbiamo sentito ripetere da anni, ormai. Spesso però si sente mettere avanti le difficoltà che ci sono (oggettivamente) nella scuola, strutturali, tecnologiche e finanziarie. Ieri, ascoltando Alberto parlare della creatività, sottolineando che spesso viene messa in risalto da un ostacolo, da un problema, ho capito che troppe volte queste difficoltà diventano pretesti per non mettersi in gioco, per non mettersi alla prova. Ho pensato che la scuola dovrebbe proprio fare uno sforzo e diventare più creativa, superando i limiti imposti dai fondi che mancano e dalla tecnologia che non c’è. In fondo, il temine creatività viene da creazione, e l’atto di creare è “formare qualcosa dal nulla”, lo dice il dizionario, oltre che la Bibbia, e lo si insegna ai bambini in prima elementare.

Fare uno sforzo creativo significa trovare la soluzione ad un problema, superare un ostacolo, diventare più intelligenti ed insegnare ai nostri alunni ad essere creativi, a non fermarsi se qualcosa non funziona come dovrebbe, a provare altri modi e altri strumenti fino a trovare la soluzione. Insomma a diventare più intelligenti (e io aggiungo anche più competenti) anche loro. Che, in fondo, lo ricordava ieri Alberto, è lo scopo ultimo della scuola.

E la bellezza? La bellezza è la forma che assume la creatività quando quello che facciamo ci riesce bene, quando armonizza tutti gli elementi in gioco con gusto, sensibilità e costanza.

Ma gli elementi in gioco, quali sono? Sono i concetti di basi necessari, i processi di apprendimento, l’interconnessione dei saperi, la non linearità dei percorsi, l’apertura all’imprevisto, al nuovo, al bello. La bellezza diventa il “certificato di qualità” di quello che l’insegnate propone, l’aggregatore che tiene insieme tutte le diverse dimensioni che caratterizzano l’apprendimento, l’incentivo a far propri i contenuti veicolati.

Perché la scuola, più che ad un esame, deve preparare alla vita, quella vita che tutti noi, come insegnanti, vorremmo fosse per i nostri alunni più bella e riuscita possibile.

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